IX.

 

 

 

 

es

 

     

       

                                                                                        il prode corse da me bambino non sapendo se avevo timore del buio per condurmi  all'oppo­sto angolo illu­mi­nato che serviva da palcoscenico per i suoi eroismi e lo scelse come rifugio per noi che cessammo di pen­­sare a quanto suc­­cedeva fuori e ci mettemmo a dormire ormai lontani da ogni preoccupazione anche se nella nostra radio si per­ce­­piva qualche interferenza estranea da cui si sarebbe dovuto dedurre che i miei nemici erano attivi ma tali ragio­na­­menti non turba­vano affatto il nostro sonno che proseguì profondo lì alla luce no­nostante che i nostri volti do­ve­­vano rimanere nascosti a tutti. al risveglio il prode non mi volle regalare la ma­schera per­ché diceva di essere po­­vero e allora io dissi «sarebbe un pensiero gentile ed è sempre un atto di  grande generosità fornire gli altri di ma­­schere anche se non siamo noi che le fac­ciamo giacché sappiamo che servono con troppa frequenza anche a chi non le usa con disin­voltura». io allo­ra ero molto attento a non dare agli altri ciò che mi apparteneva. quindi non an­davo d'ac­cordo con il prode e quando purtroppo do­vetti seguirlo per trovare una qual­che soluzione du­rante il cam­mino il mio pensiero fisso era di vederlo che ca­deva in acqua e af­fogava mentre con la mano saluta­va quella don­na estranea che non salutava me, poi veden­do che non succedeva niente mi amareggiavo moltissi­mo. mi con­so­lavo tuttavia pensando che, pur avendo ricevuto un affronto da quella donna e pur avendo ceduto un poco nel con­fronto con il prode di cui mi davo un gran pensiero, restavo però il più bello dei due e per questo non avevo  bi­­sogno delle maschere di cui lui era proprietario e delle quali secondo il mio ragio­namento la donna si era in­na­mo­rata. e questo era vero giacché sarebbe stato più facile inna­morarsi di me che di lui e tuttavia non potei con­trol­lar­lo, anche se era una cosa più facile ciò ­nondimeno a lui con le sue maschere era riuscito di impedire che mi guar­das­se e perciò che il suo innamoramento si mo­strasse: io sapevo che a me bastava per esempio in­serire una ma­no tra qualche piega della sua splendente tunica per trovare la parola amorosa che lui invece con le sue maschere a­vre­bbe giu­dicato insensata nelle circostanze date mentre per me tutte le frasi avevano senso an­che quelle amorose op­pure semplicemente sentimentali e una singola frase poteva improvvisamen­te cambiare la mia assurda vita, do­ve per ottenere la più com­pleta chiarezza e uscire dalla confusione sarebbe occorso avere nel cuore un amore e non segui­re un ragionamento. io mi ac­quistai così la fama di  stupido, ma riuscii a in­na­morarmi più volte senza te­nere celati, sotto maschere risibili per quei numerosissimi amici che mi ero con­qu­i­stato negli anni, i moti del cuo­re che facevano oscillare i miei pensieri. il prode morì ignoto.  

 




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